Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/41

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Quei litodomi erano conchiglie oblunghe, attaccate a grappoli e molto aderenti alle roccie. Appartenevano a quella specie di molluschi perforatori che scavano buchi nei sassi più duri, e la loro conchiglia s’arrotondava ai due capi; disposizione che non s’incontra nelle foladi ordinarie.

Pencroff ed Harbert fecero una buona consumazione di cotesti litodomi che si socchiudevano allora al sole. Li mangiarono a guisa di ostriche e li trovarono di un sapore molto pepato; la qual cosa fe’ si che non avessero a rammaricarsi di non aver nè pepe nè altro condimento. La loro fame fu dunque momentaneamente tranquillata, ma non già la loro sete, che anzi crebbe dopo aver inghiottiti quei molluschi. Si trattava dunque di trovare dell’acqua dolce, e non era verosimile che ne mancasse in una regione così capricciosamente accidentata. Pencroff ed Harbert, dopo di aver presa la precauzione di far ampia provvista di litodomi, di cui colmarono le tasche ed i fazzoletti, se ne tornarono al piede dell’alta terra. Dugento passi più oltre arrivarono a quel vano, pel quale, secondo il presentimento di Pencroff, una piccola riviera doveva scorrere copiosamente. In quel luogo la muraglia pareva essere stata separata da qualche violento sforzo plutonico. Alla sua base s’incavava una piccola ansa il cui fondo formava un angolo abbastanza acuto. Il corso d’acqua misurava colà cento piedi di larghezza ed i suoi margini dai due lati ne contavano venti appena. La riviera si cacciava quasi direttamente fra le due muraglie di granito che tendevano ad abbassarsi un po’ più su quella foce, poi girava bruscamente e spariva sotto un boschetto ad un mezzo miglio.

— Qui l’acqua, laggiù il bosco, disse Pencroff. Ebbene, Harbert, non manca più che la casa.

L’acqua della riviera era limpida, ed il marinajo riconobbe che durante la bassa marea, vale