Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/42

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a dire finchè non vi giungeva l’onda del mare, era dolce.

Fermato questo punto importantissimo, Harbert cercò qualche cavo che potesse servire di ricovero, ma inutilmente. Da per tutto la muraglia era liscia, piana ed a picco. Pure alla foce medesima del corso d’acqua le frane avevano formato non già una grotta, ma un mucchio di enormi macigni, come se ne incontrano spesso nei paesi granitici e che portano il nome di «Camini».

Pencroft ed Harbert si cacciarono ben addentro fra le roccie, nei corridoj sabbiosi, dove non mancava la luce, penetrante fra gli intervalli dei macigni, alcuni dei quali si mantenevano solo per un miracolo d’equilibrio. Ma colla luce entrava pure il vento, e col vento il freddo acuto dell’esterno. Se non che, il marinajo pensò che chiudendo certe parti di quei corridoj, turando alcune aperture con un miscuglio di pietre e di sabbia, si potrebbe rendere i Camini abitabili. Il loro piano geometrico rappresentava il segno tipografico &, che significa etcetera abbreviato. Ora isolando l’anello superiore del segno, per il quale s’inabissava il vento dal sud e dall’ovest, si riuscirebbe certo a trar partito della sua disposizione inferiore.

— Ecco la nostra bisogna, disse Pencroff, e se mai rivedremo il signor Smith, egli saprà giovarsi di questo labirinto.

— Lo rivedremo, Pencroff! esclamò Harbert; e quando ritornerà bisogna che trovi un’abitazione tollerabile. E tale sarà se potremo porre un focolare nel corridojo di sinistra e conservarvi una apertura per il fumo.

— Lo potremo, giovinotto mio, rispose il marinajo, e questi Camini – fu tale il nome che Pencroff conservò a quell’abitazione temporanea — ci serviranno benissimo. Ma innanzi tutto andiamo a far provvista