Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/55

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— Volete lasciar fare a me? disse il giovanetto.

E con molta destrezza, senza spezzarlo, gli riuscì a trar fuori quel pezzetto di legno, miserabile e prezioso fuscello, che pei disgraziati avea tanto valore. Era intatto.

— Un zolfanello! esclamò Pencroff; gli è come se ne avessimo un carico intero!

Prese lo zolfanello e, seguíto dai compagni, tornò ai Camini.

Quel fascello di legno di cui nei paesi abitati si fa scialacquo con tanta indifferenza, ed il cui valore è nullo, doveva qui essere adoperato con estrema cautela. Il marinajo s’assicurò che fosse ben asciutto, e, ciò fatto, disse:

— Bisognerebbe aver della carta.

— Eccone, rispose Gedeone Spilett lacerando, dopo breve esitazione, un foglio del suo taccuino.

Pencroff prese il pezzo di carta che gli veniva porto e si accoccolò dinanzi al focolare, dove collocò sotto le fascine alcune manate d’erbe, di foglie e di muschi secchi, in maniera che l’aria vi potesse circolare agevolmente ed infiammar subito la legna.

Allora piegò il pezzo di carta in forma di tubetto, come fanno i fumatori di pipa quando tira vento, e l’introdusse fra i muschi; prendendo poi un ciottolo lievemente scabro, l’asciugò con cura, e non senza che il cuore gli battesse strofinò dolcemente il zolfanello, trattenendo il respiro.

Il primo sfregamento non produsse alcun effetto. Pencroff non aveva premuto abbastanza, temendo di staccare la capocchia di fosforo.

— Non posso, diss’egli, mi trema la mano... sono certo che il zolfanello mancherà; non posso e non voglio...; e risollevandosi incaricò Harbert di sostituirlo.

Certo il giovinetto non era stato mai in sua vita tanto impressionato. Il cuore gli batteva forte. Pro-