Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/56

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meteo, all’atto di rapire il fuoco dal cielo, non doveva essere più commosso! Pur non esitò e strofinò rapidamente lo zolfanello; s’udì un lieve scoppiettío ed una fiammella azzurrognola spiccò mandando un fumo acre. Harbert capovolse dolcemente lo zolfanello per alimentare la fiamma, poi la cacciò nel tubetto di carta, che in pochi secondi s’infiammò e comunicò il fuoco ai muschi.

Alcuni istanti dopo la legna secca scoppiettava, ed un’allegra fiamma, attivata dal robusto soffio del marinajo, si svolgeva in mezzo all’oscurità.

— Finalmente! esclamò Pencroff risollevandosi, io non fui mai commosso tanto in vita mia.

Certo è che quel fuoco andava benissimo sul focolare di pietra liscia; il fumo usciva facilmente per lo stretto condotto, il camino tirava e non tardò a spargere un piacevole calore.

Or bisognava guardare a non lasciar spegnere il fuoco ed a conservare sempre qualche bragia sotto la cenere; non dipendeva se non da cura e da attenzione, poichè non mancava la legna e la provvista potrebbe sempre essere rinnovata in tempo utile.

Pencroff pensò a bella prima di trar partito del focolare, preparando una cena più nutriente che non fosse un piatto di litodomi. Due dozzine d’uova furon provvedute da Harbert. Il reporter, addossato ad un canto della parete, guardava quei preparativi senza dir parola. Un triplice pensiero occupava il suo spirito: “Cyrus vive egli ancora? Se vive, dove può essere? Se ha sopravvissuto alla caduta, come spie gare che non abbia trovato modo di far conoscere la sua esistenza?” Quanto a Nab, egli gironzava sulla spiaggia; non era più che un corpo senz’anima.

Pencroff, che conosceva cinquantadue maniere di cucinare le uova, non aveva ora la scelta e dovette accontentarsi di cacciarle nella cenere calda e di lasciarvele cuocere a fuoco lento.