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CAPITOLO VI.


L’inventario dei naufraghi— Nulla — La biancheria bruciata — Un’escursione nella foresta — La flora degli alberi verdi — Traccie di belve — I curucù — Il tetras — Una singolare pesca alla lenza.

L’inventario degli oggetti posseduti da quei naufraghi dell’aria, gettati sopra una costa che pareva disabitata, sarà fatto alla lesta.

Essi non avevano nulla, tranne gli abiti che portavano al momento della catastrofe. Pur bisogna menzionare un taccuino ed un orologio che Gedeone Spilett aveva conservato, certo sbadatamente; non un’arme, non un utensile, nemmeno un temperino. I passeggieri della navicella avevano buttato via ogni cosa per alleggerire l’aerostato.

Gli eroi immaginari di Daniele de Foe e di Wyss, al par dei Selkirk e dei Raynal naufragati a Juan Fernandez o nell’arcipelago delle Aukland, non furono mai in tanta miseria. O ricavavano grandi soccorsi dalla loro nave arenata, grano, bestiame, utensili, munizioni; oppure giungeva a costa qualche rottame che permetteva loro di provvedere ai primi bisogni della vita. Non si trovavano sulle prime assolutamente disarmati in faccia alla natura; ma qui non uno stromento qualsiasi, non un utensile: dal nulla toccherebbe loro riuscire a tutto! Fosse almeno stato con essi Cyrus Smith, avesse almeno l’ingegnere potuto mettere la sua scienza pratica, il suo spirito inventivo al loro servigio, forse ogni speranza non sarebbe stata perduta! Ma ahi! non bisognava più far conto di rivedere Cyrus Smith. I naufraghi non dovevano aspettar nulla fuorchè da sè stessi e