Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/61

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Il marinajo trovò il consiglio molto savio; aveva solo l’inconveniente di rendere necessario il sacrificio d’un pezzo di fazzoletto; pur la cosa ne valeva la pena, ed il fazzoletto a grandi scacchi di Pencroff fu in breve ridotto in parte allo stato di cencio mezzo abbruciato. Questa materia infiammabile fu deposta nella camera centrale, in fondo ad un picciol cavo di roccie al riparo dai venti e dall’umidità.

Erano allora le nove del mattino, il tempo minacciava e la brezza soffiava da sud-est. Harbert e Pencroff girarono l’angolo dei Camini non senza aver volto lo sguardo al fumo che si levava in spirale sopra la punta d’una roccia; poi risalirono la riva sinistra della riviera.

Giunto alla foresta, Pencroff strappò al primo albero due robusti rami, che trasformò in bastoni e di cui Harbert aguzzò la punta sovra una roccia. Ah! che non avrebbe egli dato per un coltello! Poi i due cacciatori s’avanzarono nelle alte erbe seguendo l’argine; lasciato il gomito che ne rimenava il corso a sud-ovest, la riviera si restringeva a poco a poco, e le sue sponde formavano un letto coperto dalla doppia arcata degli alberi; Pencroff per non smarrirsi risolvette di seguire il corso d’acqua che doveva sempre ricondurlo al punto di partenza; ma la cosa non era già senza ostacoli; qui alberi, i cui rami flessibili si curvavano sino al livello della corrente; altrove liane o spine che bisognava spezzare a colpi di bastone. Talvolta Harbert si cacciava fra i rami rotti colla destrezza d’un gatto, e spariva nella macchia; ma Pencroff lo richiamava subito pregandolo di non allontanarsi. Frattanto il marinajo osservava attentamente la disposizione e la natura dei luoghi. Su quella riva sinistra il suolo era piano e risaliva insensibilmente verso l’interno umido, che talvolta pigliava aspetto acquitrinoso. Vi si sentiva tutta una rete sottostante di fili liquidi che per qualche sotterranea