Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/69

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Pencroff s’occupò subito ad allestire il desinare, parendogli conveniente di introdurre nell’ordinario qualche cibo sostanzioso, poichè tutti avevano bisogno di rimettersi in forze; lasciati per il domani i curucù, vennero spennati due tetras, schidionati in una bacchetta e messi ad arrostire innanzi alle brage.

Alle sette pomeridiane Nab non era ancora di ritorno; quell’assenza prolungata doveva inquietare Pencroff riguardo al negro; egli doveva temere gli fosse toccato qualche accidente su quella incognita terra, o che il disgraziato avesse fatto qualche colpo di disperazione. Ma Harbert argomento di quell’assenza in maniera affatto diversa; per lui se Nab non tornava era segno che una nuova circostanza lo aveva indotto a prolungare le ricerche. Ora non vi poteva essere nulla di nuovo se non in vantaggio di Cyrus Smith. Perchè Nab non era rientrato, se una speranza qualsiasi non lo tratteneva? Forse egli aveva trovato qualche indizio, un’impronta di passi o qual che reliquia che l’aveva posto sulle traccie, o forse anche seguiva una pesca certa, o forse era vicino al suo padrone....

Così ragionava il giovinetto, e così parlò. I suoi compagni lo lasciarono dire, il solo reporter lo approvava col gesto. Quanto a Pencroff, egli non vedeva null’altro di probabile se non questo: che Nab avesse spinto più lontano della vigilia le sue ricerche sul litorale che perciò non potesse essere ancora di ritorno.

Peraltro Harbert, agitato da vaghi presentimenti, manifestò più volte l’intenzione di muovere incontro a Nab; ma Pencroff gli fece comprendere che quella sarebbe cosa inutile, che nell’oscurità e col tempo orribile che faceva non si potrebbero trovare le traccie di Nab, e che meglio era aspettare. Se al domani Nab non fosse tornato, Pencroff non esiterebbe ad unirsi ad Harbert per andar in cerca di Nab.