Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/73

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— Sì... sì..! rispose Pencroff.

— È Top! è Top! esclamò Harbert, che si era destato; e tutti e tre si slanciarono verso l’orifizio dei Camini.

Durarono molta fatica ad uscire, chè il vento li respingeva, ma finalmente vi pervennero e non poterono mantenersi in piedi se non addossandosi alle roccie; guardarono, non poterono parlare. L’oscurità era assoluta. Il mare, il cielo, la terra, si confonde vano in un’eguale intensità di tenebre. Pareva non vi fosse atomo di luce diffusa nell’atmosfera.

Per alcuni minuti il reporter ed i suoi compagni rimasero così come schiacciati dalla raffica, immollati dalla pioggia, acciecati dalla sabbia, poi intesero ancora una volta quei latrati e riconobbero che dovevano essere molto lontani. Non poteva essere che Top che così abbajava! Ma era egli solo, od accompagnato? È più probabile fosse solo, poichè ammettendo che Nab fosse con esso, Nab si sarebbe diretto in gran fretta ai Camini.

Il marinajo strinse la mano del reporter, dal quale non potea farsi intendere, in una maniera che indicava “aspettate,” poi rientrò nel corridojo.

Un istante dopo ne usciva con un fastello acceso che gettava nelle tenebre mandando fischi acuti.

A quel segnale, che si poteva credere fosse aspettato, risposero latrati più vicini, e non andò molto che un cane si gettò nel corridojo. Pencroff, Harbert e Gedeone Spilett gli vennero dietro.

Un fastello di legna secca fu gettato sui carboni ed il corridojo fu illuminato da una viva fiamma.

— È Top! esclamò Harbert.

Era Top difatto; magnifico cane anglo-normanno, che delle due razze incrociate aveva la velocità delle gambe, e la finezza dell’odorato: le due doti migliori del cane corridore.

Era il cane dell’ingegnere Cyrus Smith.