Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/74

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Ma era solo; nè il suo padrone, nè Nab lo accompagnavano.

Pure, come mai l’istinto poteva averlo guidato fino ai Camini, che non conosceva? Ciò pareva inesplicabile, sopratutto in quella nera notte e con simile tempesta. Ma, cosa ancor più singolare, Top non era stanco e nemmeno sporco di mota o di sabbia! Harbert lo aveva chiamato a sè e gli stringeva la testa tra le mani; il cane lasciava fare fregando il collo sulle mani del giovinetto.

— Se il cane è ritrovato, il padrone si ritroverà anch’esso! disse il reporter.

— Dio lo voglia! rispose Harbert. Partiamo; Top ci guiderà.

Pencroff non fece alcuna obiezione, comprendendo bene che l’arrivo di Top poteva dare una smentita alle proprie congetture.

— In cammino! diss’egli.

Ricoprì con cura i carboni del focolare, collocò alcuni pezzi di legna sotto le ceneri in modo da ritrovar fuoco al ritorno, poi preceduto dal cane, che sembrava invitarlo a venire con sommessi latrati, e seguito dal reporter e dal giovinetto, si slanciò al di fuori, dopo aver preso seco le reliquie della cena.

La tempesta era allora violentissima, nel massimo forse della sua intensità. La luna, allora nuova, e perciò in congiunzione col sole, non lasciava filtrare il menomo barlume attraverso i nugoli, onde diveniva difficile seguire una via rettilinea; il meglio era fidarsi all’istinto di Top: e così fu fatto. Il reporter ed il giovinetto camminavano dietro al cane, ed il marinajo in coda a tutti. Non fu possibile dir parola; la pioggia non cadeva abbondantissima, poichè si polverizzava al soffio dell’uragano, ma questo era terribile.

Una cosa peraltro favorì il marinajo ed i suoi due compagni, ed è che il vento soffiava dal sud-est, e