Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/75

Da Wikisource.

così li spingeva alle spalle; la sabbia, che veniva avventata con impeto e che non sarebbe stata sopportabile, poteva essere tollerata a patto di non volgersi; così i viaggiatori non erano incomodati in modo da trovar imbarazzo nell’andar innanzi. Andavano soventi volte più presto che non volessero, talvolta pur precipitavano il passo per non essere rovesciati, ma un’immensa speranza raddoppiava le loro forze: questa volta non più a casaccio risalivano la spiaggia, e non ponevano neanco in dubbio che Nab avesse ritrovato il suo padrone e mandato loro il cane fedele. Ma l’ingegnere era egli vivo, ovvero Nab mandava a chiamare i suoi compagni solo per rendere gli ultimi doveri al cadavere del disgraziato Smith?

Dopo di aver sorpassato la punta dell’alta terra da cui si erano prudentemente scostati, Harbert, il reporter e Pencroff s’arrestarono per pigliar fiato. Il giro della roccia li riparava dal vento, ed essi respiravano dopo quella camminata d’un quarto d’ora che era stata meglio una corsa.

Potevano ora intendersi, rispondersi; ed avendo il giovinetto pronunciato il nome di Cyrus Smith, Top prese a latrare, quasi volendo dire che il suo padrone era salvo.

— Salvo, non è vero? ripeteva Harbert; salvo, Top?

Ed il cane latrava come per rispondere. Furon ripigliate le mosse; erano circa le due e mezzo del mattino. Il mare cominciava a salire, e spinta dal vento, la marea, che era di sizigia, minacciava d’essere fortissima. Le grandi ondate rumoreggiavano contro le scogliere e le assalivano con tanto impeto che probabilissimamente dovevano passare al di sopra dell’isolotto allora assolutamente invisibile. Quella lunga diga non copriva dunque più la spiaggia, direttamente esposta alle onde d’alto mare.

Non appena il marinajo ed i compagni si furono staccati dalla punta, il vento li percosse di nuovo