Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/76

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con estremo furore; curvandosi in arco e porgendo le spalle alla raffica, camminavano frettolosi seguendo Top, che non esitava sulla direzione da prendere. Risalirono al nord, avendo a dritta un’interminabile cresta di ondate che si avventava con frastuono assordante, ed a mancina un’oscura regione di cui era impossibile veder l’aspetto, ma che si comprendeva dovesse essere relativamente piana, poichè l’uragano passava ormai sopra di essi senza avvolgerli in giro, come avveniva quando percoteva la muraglia di granito.

Alle quattro del mattino si poteva stimare di aver percorso uno spazio di ben cinque miglia; le nuvole s’erano leggermente risollevate, e più non strisciavano sul suolo. La raffica, meno umida, si propagava in correnti vivissime d’aria più asciutta e più fredda. Non abbastanza protetti dalle loro vestimenta, Pencroff, Harbert e Gedeone Spilett dovevano soffrire crudelmente, ma non emettevano un lamento. Erano determinati a seguire Top fin dove l’intelligente animale volesse condurli.

Verso le cinque incominciò a farsi giorno. Prima allo zenit, in cui i vapori erano meno densi, alcune tinte grigiastre frastagliarono gli orli delle nuvole; poco dopo, sotto una striscia opaca, una linea più luminosa disegnò più nettamente l’orizzonte del mare. La cresta delle onde apparve chiazzata di lievi bagliori fulvi, e la schiuma ridivenne bianca. Allo stesso tempo, a mancina, le parti occidentali del litorale cominciavano a disegnarsi confusamente, ma non erano e ancora se non tinte grigie su fondo nero.

Alle sei del mattino era giorno chiaro, e le nubi correvano con estrema rapidità in una zona relativamente alta. Il marinajo ed i compagni erano allora a sei miglia circa dai Camini e seguivano una spiaggia molto piana, fiancheggiata da un lembo di scogli, le cui punte soltanto emergevano allora dal mare. A mancina il paese, accidentato da alcune dune, irte