Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/82

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allora quanto era accaduto. Alla vigilia, dopo aver lasciato i Camini sino dall’alba, aveva risalito la costa nella direzione di nord-est ed era giunto alla parte del litorale che già avea visitato.

Quivi, senza alcuna speranza, lo confessava, aveva cercato nella spiaggia in mezzo alle roccie, sulla sabbia, i più lievi indizi che potessero guidarlo; aveva esaminato in ispecial modo quella parte di spiaggia che l’alta marea non copriva, poichè all’estremo lembo il flusso e riflusso dovevano aver cancellato ogni indizio. Nab non sperava già di trovar il padrone vivente. Egli così movea alla scoperta d’un cadavere che voleva seppellire colle proprie mani. Nab aveva cercato lungamente, ma i suoi sforzi erano stati vani. Non pareva che quella costa fosse stata mai frequentata da essere umano. Le conchiglie, quelle che il mare non poteva toccare e che s’incontravano a milioni oltre i confini delle maree, erano intatte; non una era stata schiacciata. In uno spazio di due o trecento metri non esisteva traccia, nè antica, nè recente, di creatura umana.

Nab si era adunque determinato a risalire la costa per alcune miglia. Potevano le correnti aver portato un corpo a qualche punto più lontano; quando un cadavere galleggia a poca distanza da una spiaggia piana, raro è che il flusso non ve lo butti tosto o tardi. Nab lo sapeva, e voleva rivedere il suo padrone un’ultima volta.

— Io rasentai la costa per due miglia ancora, visitai tutta la linea di scogli a bassa marea, tutto il greto a marea alta, e disperai di nulla trovare, quando jeri, verso le cinque pomeridiane, notai sulla sabbia impronte di passi....

— Impronte di passi? esclamò Pencroff.

— Sì, rispose Nab.

— E queste impronte cominciavano agli scogli? domandò il reporter.