Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/83

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— No, rispose Nab, al confine della marea soltanto, poichè le altre erano state cancellate.

— Continua, Nab, disse Gedeone Spilett.

— Quand’io vidi quelle impronte divenni come pazzo. Esse erano facilmente riconoscibili e si dirigevano verso le dune; le seguii per un quarto di miglio correndo, ma guardandomi bene dal cancellarle. Cinque minuti dopo, sul far della notte, intesi i latrati d’un cane; era Top, il quale mi condusse qui appunto presso il mio padrone.

Nab compiè il proprio racconto dicendo qual fosse il suo dolore nel ritrovare quel corpo inanimato. Egli aveva cercato di sorprendere in lui un resto di vita, poichè, trovatolo morto, or lo voleva vivo, ma tutti i suoi sforzi erano stati inutili. Più non gli rimaneva, se non rendere i propri doveri a colui che tanto amava.

Nab aveva allora pensato ai compagni, i quali, senza dubbio, avrebbero caro di rivedere un’ultima volta il disgraziato.

Top era là, e non poteva egli riferirsene alla sagacia di quell’animale? Nab pronunciò a più riprese il nome del reporter, quello dei compagni dell’ingegnere che Top meglio conosceva, poi gli mostrò il sud della costa, ed il cane si slanciò nella direzione che gli veniva indicata. È noto come guidato da un istinto che si può dire soprannaturale, poichè l’animale non era mai stato ai Camini, Top vi giungesse.

I compagni di Nab avevano ascoltato quel racconto con estrema attenzione. Vi era per essi qualche cosa di inesplicabile in ciò, che Cyrus Smith, dopo gli sforzi che aveva dovuto fare per sottrarsi, alle onde attraversando le scogliere, non aveva nemmeno una graffiatura; e non si spiegava meglio come l’ingegnere avesse potuto, percorrendo più d’un miglio dalla costa, giungere a quella grotta perduta in mezzo alle dune.

— Così dunque, Nab, disse il reporter, non lo hai trasportato tu in questo luogo?