Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/86

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— Potete intendermi senza stancarvi? chiese il reporter.

— Sì, rispose l’ingegnere.

– Io credo, disse allora il marinajo, che il signor Smith vi intendeva anche meglio quando abbia assaggiato questa gelatina di tetras – gelatina di tetras, signor Cyrus, aggiunse egli presentandogliene un poco, a cui mescolò questa volta alcune briciole di carne.

Cyrus Smith masticò quei pezzi di tetras, le cui reliquie furono spartite fra i compagni, i quali avevan fame e trovarono la colazione piuttosto magra.

— Buono, disse il marinajo, le vettovaglie ci aspettano ai Camini, poichè dovete sapere, signor Cyrus Smith, che noi abbiamo laggiù al sud una casa con camere ammobiliate ed una dispensa contenente parecchie dozzine d’uccelli che Harbert chiama curucù. La vostra barella è pronta, e appena ve ne sentirete le forze vi trasporteremo colà.

— Grazie, amico mio, rispose l’ingegnere; ancora un’ora o due, e potremo partire.... ed ora parlate, Spilett.

Il reporter fece allora il racconto di quanto era accaduto. Narrò gli avvenimenti che Cyrus Smith doveva ignorare; l’ultima caduta del pallone; l’approdamento in una terra incognita che sembrava deserta, qualunque si fosse, isola o continente; la scoperta dei Camini, le ricerche intraprese per ritrovare l’ingegnere, le ansie di Nab, tutto quanto si dovea alla intelligenza del fedele Top, ecc.

— Ma, domandò Cyrus Smith con voce ancora fioca, voi non mi avete dunque raccolto sulla spiaggia?

— No, rispose il reporter.

— E non siete dunque voi che mi avete portato in questa grotta?

— No.

— Ed a quanta distanza si trova essa dalle scogliere?