Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/88

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aggiunse l’ingegnere volgendosi al servitore, non sei già tu che... non avresti tu per caso?... no, è assurdo... ed esiste ancora qualcuna di queste pedate? domandò Cyrus Smith.

— Sì, padrone, rispose Nab; ecco, all’ingresso, proprio sul versante di questa duna, in un luogo riparato dal vento e dalla pioggia; le altre sono state cancellate dalla tempesta.

Pencroff, rispose Cyrus Smith, volete voi prendere le mie scarpe e vedere se combaciano precisamente colle pedate?

Il marinajo fece quanto gli veniva chiesto. Harbert ed egli, guidati da Nab, andarono al luogo in cui si trovavano le impronte, intanto che Cyrus Smith diceva al reporter:

— Sono accadute cose inesplicabili!

— Inesplicabili davvero, rispose Gedeone Spilett.

— Ma non insistiamo in questo momento, ne parleremo più tardi.

Un istante dopo il marinajo, Harbert e Nab rientravano. Non era possibile alcun dubbio, le scarpe dell’ingegnere combaciavano esattamente colle impronte conservate. Era dunque Cyrus Smith che le aveva lasciate sulla sabbia.

— Andiamo, diss’egli, sono io che avrò provata questa allucinazione che mettevo in conto di Nab; avrò camminato come un sonnambulo, senza aver coscienza de’ miei passi, ed è Top che col suo istinto mi avrà qui condotto dopo avermi strappato alle onde.... Qua, Top! Qua!

Il magnifico animale con un balzo si fè presso al padrone latrando, per ricevere le carezze che non gli furono risparmiate. È chiaro che non si poteva spiegare altrimenti il salvamento di Cyrus Smith, e che a Top ne spettava tutto l’onore.

Verso il mezzodì, Pencroff, avendo domandato a Cyrus Smith se si potesse trasportarlo, costui per