Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/89

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tutta risposta, e con uno sforzo che testimoniava l’energia della propria volontà, si levò, ma dovette appoggiarsi al marinajo per non cadere.

— Bene, bene, disse Pencroff; il letto del signor ingegnere.

Fu portata la barella; i rami trasversali erano stati coperti di muschi e di lunghe erbe; vi si distese Cyrus Smith, e tutti s’incamminarono verso la costa, Pencroff tenendo un’estremità della barella, Nab l’altra.

Bisognava percorrere otto miglia; ma siccome non si poteva camminar spedito, e si doveva forse arrestarsi di frequente, bisognava contare sopra sei ore almeno di viaggio prima di giungere ai Camini.

Il vento era sempre impetuoso, ma per buona sorte non pioveva. Così coricato com’era, l’ingegnere osservava la costa, sopratutto nella direzione contraria al mare; non parlava, ma guardava; e certo il disegno di quella regione, co’ suoi accidenti di terreno, colle sue foreste, colle sue produzioni diverse, si scolpì nel suo spirito; ma dopo due ore di cammino, vinto dalla stanchezza, Cyrus Smith s’addormentò sulla barella.

Alle cinque e mezzo la piccola comitiva giungeva alla falda della collina e poco dopo dinanzi ai Ca mini. Tutti s’arrestarono, e la lettiga fu deposta sulla sabbia. L’ingegnere dormiva profondamente e non si svegliò.

Pencroff potè allora accertare, con sua gran meraviglia, che la spaventevole burrasca della vigilia avea modificato l’aspetto dei luoghi. Erano avvenute frane importanti; grossi macigni giacevano sul greto, ed un fitto tappeto di alghe e di altre erbe marine copriva tutta la spiaggia. Era evidente che il mare, passando per disopra l’isolotto, s’era portato sino al piede dell’enorme cortina di granito.

Dinanzi all’orificio dei Camini, il suolo, profonda-