Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/91

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— Non abbiamo forse Cyrus?... rispose il reporter; non è vivo forse il nostro ingegnere? Troverà ben egli il modo di farci del fuoco.

— E con che cosa?

— Con nulla.

Che poteva rispondere Pencroff? Nulla invero, perchè in fondo divideva la fiducia che i suoi compagni avevano in Cyrus Smith. L’ingegnere era per essi un microcosmo, un compendio di tutta la scienza ed intelligenza umana! Tanto valeva trovarsi con Cyrus in un’isola deserta, che senza Cyrus nella città più industriosa dell’Unione. Con lui non si mancava di nulla; con lui non si poteva disperare. Quand’anche si fosse venuto a dire a quelle brave persone che un’eruzione vulcanica doveva distruggere quella terra, o farla inabissare sotto il Pacifico, essi avrebbero risposto imperturbabilmente; “Cyrus è là! Andatelo a dire a Cyrus.”

Frattanto, peraltro, l’ingegnere era ancora immerso in una nuova prostrazione e non si potea far appello in quel momento alla sua ingegnosità. La cena doveva necessariamente essere assai magra. Infatti tutta la carne di tetras era stata consumata e non si aveva mezzo alcuno di far cuocere una selvaggina qualsiasi. D’altra parte i curucù, che servivano di riserva, erano scomparsi. Bisognava dunque provvedere.

Prima di tutto Cyrus Smith fu trasportato nel corridojo centrale, dove si riuscì a preparargli un lettuccio di alghe rimaste quasi all’asciutto.

Il profondo sonno che s’era impadronito di lui doveva rimetterlo rapidamente in forze, e meglio senza dubbio che non avrebbe fatto un nutrimento abbondante.

Era venuta la notte, e con essa la temperatura, modificata da un mutamento di vento, si raffreddò di molto. Or siccome il mare aveva distrutto i tramezzi posti da Pencroff in alcuni punti dei corridoj, soffiavano certe correnti d’aria che rendevano i Camini