il fuoco a que’ pezzetti; ovvero si pongono a cavallo sopra un toro o asino di bronzo vacuo, entro cui si gettano carboni ardenti, e coll’infuocarsi del metallo acerbamente e con incredibili dolori si cruciano.» Tali sono i precetti che dà questo dottore, di cui ecco le parole originali: Praeter expansionem, carnifices cutem inquisiti cadentibus luminibus in certis corporis partibus lento igne urunt; vel partes digitorum extimas immissis infra ungues piceis cuniculis, iisque postmodum accensis per adustionem inquisitos excruciant; aut etiam tauro vel asino ex metallis formato, ut incalescenti paullatim per ignes injectos, tandemque per auctum calorem nimium doloribus incredibilibus insidentes urgeant, delinquentes imponunt. Farinaccio istesso[1], parlando de’ suoi tempi asserisce che i giudici, per il diletto che provavano nel tormentare i rei, inventavano nuove specie di tormenti: eccone le parole: Judices qui propter delectationem, quam habent torquendi reos, inveniunt novas tormentorum species. Tale è la natura dell’uomo che, superato il ribrezzo de’ mali altrui, e soffocato il benefico germe della compassione, inferocisce e giubila della propria superiorità nello spettacolo della infelicità altrui; di che ne serve d’esempio anche il furore de’ Romani per i gladiatori. Veggasi lo stesso Farinaccio[2], ove dà il ricordo al giudice di moderarsi ed astenersi dal tormentare il reo colle sue proprie mani; e cita chi vide un pretore, che prendeva il carcerato pe’ capelli e gli orecchi, e fortemente lo faceva cozzare contro di una colonna, dicendogli: Ribaldo, confessa; cosi egli: abstineat etiam judex se ab eo quod aliqui judices facere solent, videlicet a torquendo reos cum propriis manibus... Refert Paris de Puteo se vidisse quemdam potestatem, qui capiebat reum per capillos, vel per aures, dando caput ipsius fortiter ad columnam, dicendo: confitearis et dicas veritatem, ribalde. Il celebre Bartolo[3] di sè stesso ci significa come gli accadde di rovinare un giovine robusto uccidendolo colla tortura; quindi ne deduce che non mai si debba imputare al giudice un simile accidente. Hoc incidit mihi, quia dum viderem juvenem robustum, torsi illum et statim fere mortuus est: e con tale indifferenza racconta il fatto atroce quel freddissimo dottore. Dopo ciò convien pure accordare, e sull’esempio delle unzioni pestifere e sulle dottrine de’ maestri della tortura, ch’ella è crudele e crudelissima e che se al giorno d’oggi la sorte fa che gli esecutori la moderino, non lascia perciò di essere per sè medesima atroce e orribile, quale ognuno la crede, e queste atrocità e questi orrori legalmente
- ↑ Theor. et Prax. Criminal, tom. II, Quaest. 38, num. 56.
- ↑ Loc. cit., num. 59.
- ↑ Comment. ad ff. nov., lib. XLVIII, leg 7.