Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/258

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244 le nozze di tetide e peleo.


     In quali rupi, in quai solinghe grotte
Errante leonessa il sen t’offriva?
Qual mar dall’onde in gran tempesta rotte
212Ti vomitò sulla deserta riva?
Qual Sirti, o Scilla che i navigli inghiotte,
Qual Cariddi, o crudel, ti partoriva,
Che per la vita, che t’ho salva, questi
216Render, perfido, puoi premi funesti?

     Se non t’era in piacer d’avermi a sposa,
Poi che tel vieta il vecchio padre, almanco
Teco tratta m’avessi ossequïosa
220Schiava fedel che ognor ti fossi al fianco!
Sì superba non son, nè sì ritrosa
Ch’io non godessi al piè leggiadro e bianco
Apprestarti lavacri e d’un eletto
224Purpureo drappo ricoprirti il letto.

     Ma perchè all’aure i miei lamenti io spargo
Ebbra di sdegno e per dolore insana?
Sorde son l’aure; e quell’infido il largo
228Ha già preso del mare e s’allontana.
Io guato intorno il solitario margo,
Nè sovra l’alghe appar sembianza umana;
Così di tanto il fato anco m’insulta,
232Che vuol ch’io muoia a tutto il mondo occulta.