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principi eterni de’ feudi 285


nerazione di repubbliche sopra tali principi eterni de’ feudi, ci si dimostra nella formola che ci han lasciato della revindicazione, cosí conceputa: «Aio hunc fundum meum esse ex iure quiritium», nella qual attaccarono cotal azione civile al dominio del fondo, ch’è di essa cittá e proviene da essa forza, per cosí dire, centrale, per la qual ogni cittadino romano è certo signore di ciascun suo podere, con un dominio «pro indiviso » che uno scolastico direbbe, per una mera distinzion di ragione, e perciò detta «ex iure quiritium», i quali, per mille pruove fatte e da farsi, furono dapprima i romani armati d’aste in pubblica ragunanza, che facevan essa cittá. Tanto che questa è la profonda ragione ch’i fondi e tutti i beni (i quali tutti da essi fondi provengono), ove sono vacanti, ricadono al fisco: perché ogni patrimonio privato pro indiviso è patrimonio pubblico, onde, in mancanza de’ privati padroni, perdono la disegnazione di parte e restano con quella di tutto. Che dee essere la cagione di quella elegante frase legale: ch’i retaggi, particolarmente legittimi, si dicono «redire agli eredi», a’ quali, in veritá, vengono una sol volta, perché da’ fondatori del diritto romano, ch’essi fondarono nel fondare della romana repubblica, tutti i patrimoni privati si ordinarono feudi, quali da’ feudisti si dicono «ex pacto et providentia», che tutti escono dal patrimonio pubblico e, per patto e provvedenza delle civili leggi, girano sotto certe solennitá da privati in privati, in difetto de’ quali debbano ritornare al lor principio, dond’essi eran usciti. Tutto lo che qui detto ad evidenza vien confermato dalla legge papia poppea d’intorno a’ caduci. La quale puniva i celibi con la giusta pena: ch’i cittadini i quali avevano traccurato di propagare co’ matrimoni il loro nome romano, s’avessero fatto testamenti, questi si rendessero inefficaci, ed altronde si stimassero non avere congionti che loro succedessero ab intestato , e sí, né per l’una né per l’altra via, avessero eredi, i quali conservassero i nomi loro; e i patrimoni ricadessero al fisco, con qualitá non di retaggi ma di peculi, e, per dirla con Tacito, andassero al popolo, «tamquam omnium parentem ». Ove il profondo scrittore richiama la ragione delle pene