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[CAPITOLO SECONDO]

d'un’eterna natural legge regia, per la quale le nazioni
vanno a riposare sotto le monarchie

1007E tal forma monarchica s’introdusse con questa eterna natural legge regia, la qual sentirono pure tutte le nazioni, che riconoscono da Augusto essersi fondata la monarchia de’ romani. La qual legge non han veduto gl’interpetri della romana ragione, occupati tutti d’intorno alla favola della «legge regia» di Triboniano, di cui apertamente si professa autore nell’Istituto, ed una volta l’appicca ad Ulpiano nelle Pandette. Ma l’intesero bene i giureconsulti romani, che seppero bene del diritto naturale delle genti, per ciò che Pomponio, nella brieve storia del diritto romano, ragionando di cotal legge, con quella ben intesa espressione ci lasciò scritto: «rebus ipsis dictantibus, regna condita».

1008Cotal legge regia naturale è conceputa con questa formola naturale di eterna utilitá: che, poiché nelle repubbliche libere tutti guardano a’ loro privati interessi, a’ quali fanno servire le loro pubbliche armi in eccidio delle loro nazioni, perché si conservin le nazioni, vi surga un solo (come tra’ romani un Augusto), che con la forza dell’armi richiami a sé tutte le cure pubbliche e lasci a’ soggetti curarsi le loro cose private, e tale e tanta cura abbiano delle pubbliche qual e quanta il monarca lor ne permetta; e cosí si salvino i popoli, ch’anderebbono altamente a distruggersi. Nella qual veritá convengono i volgari dottori, ove dicono che «universitates sub rege habentur loco privatorum», perché la maggior parte de’ cittadini non curano piú ben pubblico. Lo che Tacito, sappientissimo del diritto naturaL delle genti, negli Annali, dentro la sola famiglia de’ Cesari l’insegna con quest’ordine d’idee umane civili: avvicinandosi al fine Augusto, «pauci bona libertatis incassum disse-