Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. II, 1928 – BEIC 1964822.djvu/178

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172 idea dell’opera


scienza che dá il criterio del vero, ovvero l’arte di ben giudicare; per la quale, troppo fastidiosa e dilicata, non acquetandosi a niuna veritá, finalmente caduta nello scetticismo, estima d’uguali pesi il giusto e l’ingiusto: ella, come gl’immanissimi Galli senoni fecero co’ romani, caricando una lance con la spada, la faccia sbilanciare, preponderando all’altra dove sia il caduceo di Mercurio, ch’è simbolo delle leggi; e cosí insegni dover servire le leggi alla forza ingiusta deH’armi.

1123L’altare sia rovinato, spezzato il lituo, rovesciato l’urciuolo, spenta la fiaccola; e cosí ad un Dio sordo e cieco si nieghino tutti i divini onori e sien bandite dappertutto le cerimonie divine e, ’n conseguenza, sien tolti tralle nazioni i matrimoni solenni, che appo tutte con divine cerimonie si contraggono, e si celebrino il concubinato e ’l puttanesimo.

1124Il fascio romano sia sciolto, dissipato e disperso, e spenta ogni moral comandata dalle religioni con l’annientamento di esse, spenta ogni disciplina iconomica col dissolvimento de’ matrimoni, perisca affatto la dottrina politica, onde vadano a dissolversi tutti gl’imperi civili.

1125La statova d’Omero s’atterri, perché i poeti fondarono con la religione a tutti i gentili l’umanitá.

1126La tavola degli alfabeti giacciasi infranta nel suolo, perché la scienza delle lingue, con le quali parlano le religioni e le leggi, essa è quella che le conserva.

1127L’urna ceneraria dentro le selve porti iscritto «lemvrvm fabvla», e ’l dente dell’aratro abbia spuntata la punta, e, tolta l’universal credenza dell’immortalitá dell’anima, lasciandosi i cadaveri inseppolti sopra la terra, s’abbandoni la coltivazione de’ campi, non che si disabitino le cittá; e ’l timone (geroglifico degli uomini empi senza niun’umana lingua e costume) si rinselvi ne’ boschi, e ritorni la ferina comunione delle cose e delle donne, le quali si debbano gli uomini appropiare con la violenza e col sangue.

1128 II molto finora detto si è per facilitarti, o benigno leggitore, la lezion di quest’opera. Mi rimane or pochissimo a dire per priegarti a giudicarne benignamente.

1129Perocché dèi sapere che quell’utilissimo avviso che Dionigi Longino, riverito da tutti per lo principe de’ critici, dá agli oratori: che, per far orazioni sublimi, loro bisogna proponersi l’eternitá della fama, e, per ciò conseguire, ne dá loro due pratiche, noi, da’ lavori dell’eloquenza a tutti di qualsivoglia scienza innal-