Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/239

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Ili - SECONDO ARTICOLO DEL «GIORNALE DE LETTERATI» 233 significhino una stessa cosa ’ factum’ e ’ ve rum ’, ’causa e ne gocium’ , ecc.», dove quell’ «ecc.» denota esservi eziandio ugual difficoltá nel senso dato ad alcuni altri vocaboli. I. — «Factum» e «verum», da ciò che egli n’adduce in prova (p. 204), niente provasi che significhino il medesimo. Imperciocché i luoghi di Terenzio, presi da \VEunuci e dal Tormentator di se stesso , giá son considerati da lui come argomenti mal sicuri a sua difesa. Rimane pertanto sol da esaminare il luogo di Plauto nel Pseudoio. dove il ruffiano Ballione sfacciatamente confessa esser vere l’ingiurie vicendevolmente dettegli da Callidoro e da Pseudoio : «Quest’ultime parole — soggiunge qui il signor di Vico — niuno può altrimenti intendere, fuorché ’egli è verissimo’». Ora, se ciò è cosi, dicendo uno, per esemplo, che «Iddio è rimuneratore de’buoni», risponderá egli in buon latino: «Optime factum». Cosi pure, se ’l ruffiano alle due prime ingiurie : «impudíce», «sedeste», avesse risposto: «optime factum». avrebbe detto latinamente assai bene. Ma ciò forse ad altri parrá diversamente. Plauto, assai propriamente, per certo a quell’ingiuria «furcifer» fa che colui risponda: «optime factum», «egli è fatto benissimo»: cioè «ella fu una cosa ottimamente fatta ch’io fossi condannato al supplizio de’ servi malvagi, e che per tutte le strade e le piazze della terra io fossi strascinato con in su le spalle una forca»; ovvero «egli è verissimo, io mi son meritato quella forca che caricò le mie spalle: egli fu ciò fatto benissimo». Pure, se si volesse, potriasi acconciamente sporre in nostra favella «egli è verissimo» quelle