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annotazioni alla tavola cronologica 67

Dio con la criazione del mondo); e che la prima scienza da doversi apparare sia la Mitologia, ovvero l’interpetrazion delle favole (perchè, come si vedrà, tutte le storie gentilesche hanno favolosi i principii), e che le favole furono le prime storie delle nazioni gentili; e, con sì fatto metodo, rinvenire i principii come delle nazioni così delle scienze, le quali da esse nazioni son uscite e non altrimente (come per tutta quest’opera sarà dimostro ch’alle pubbliche necessità o utilità de’ popoli elleno hanno avuto i lor incominciamenti, e poi, con applicarvi la riflessione acuti particolari uomini, si sono perfezionate). E quindi cominciar debbo la storia universale, che tutti i dotti dicono mancare ne’ suoi principii (a)1.

E per ciò fare, l’antichità degli Egizi in ciò grandemente ci gioverà, che ne serbarono due grandi rottami non meno maravigliosi delle loro piramidi, che sono queste due grandi verità filologiche. Delle quali una è narrata da Erodoto2: — ch’essi tutto il tempo del mondo ch’era corso loro dinanzi riducevano a tre età: la prima degli dèi, la seconda degli eroi e la terza degli uomini; — l’altra è che, con corrispondente numero ed ordine, per tutto tal tempo si erano parlate tre lingue: la prima geroglifica, ovvero per caratteri sagri; la seconda simbolica, o per caratteri eroici; la terza pistolare, o per caratteri convenuti da’ popoli (b)1, al riferire dello Scheffero, De philosophia ita-



    Scrittura, Operetta che può servir di appendice ai libri «De principiis iuris naturalis et gentium» del sig. G. F. Finetti (In Venezia, MDCCLXVIII, Appresso Vincenzo Radici), pp. xiii-iv.

  1. (b) affine di comunicar tra loro le volgari bisogne della vita. La qual divisione de’ tempi o Varrone non potè seguire per ignorazione, o (perchè fu il più dotto de’ Romani ne’ loro tempi più luminosi di Augusto, di cui fu bibliotecario 3, [CMA4] ond’ebbe l’agio di fareda tutto il mondo copiosissima incetta di libri, de’ quali fu divoratore) [SN2] dovrem dire che non volle per una boria romana; onde si studiò, ecc.
    1. (a) [CMA4] e nella perpetuità con seco stessa, e molto più con la sagra. — E per ciò fare, ecc.
    2. Si vegga, invece, Diodoro, I, 44. — Erodoto II, 36, parla solamente del modo di scrivere degli Egizi da destra a sinistra, e della loro doppia scrittura; ιρά e δημοτικά.
    3. Varrone non fu mai bibliotecario di Augusto: semplicemente, Cesare, divisando tra le altre cose, «bibliothecas græcas et latinas, quam maximas, publicare», pensava di affidare a Varrone la cura «[earum] comperandarum ac digerendarum» (Svet., Iul., 44).