ingiustamente il premio che si prometteva certissimo. Riscaldatosi in questo pensiero, senza punto indugiare, vassene al segretario dell'accademia, ch’era Pietro Giordani, e con volto acceso e parola franca: — Dite a’ professori che badino bene di fare le cose giuste; altramente io, benchè povera persona sia, me ne andrò a piedi a dolermi alle maggioranze di Milano. — Il Giordani, guardandolo in viso, e preso un contegno grave: — Temerario (disse), ond’è venuta in te tanta audacia, e che sospezione è questa tua? E chi se’ tu? Credi forse d’essere il figliuolo di re Pepino? Io non ti farò del male, ma non isperare nè anco ch’io ti faccia del bene. — E ’l giovane a lui, ravvivando la espression dello sdegno col rinforzar della voce: — Del vostro bene io punto non ho bisogno. — E partissi. Ma poi, passatagli quella furia romagnuola, cominciò a pensare fra sè medesimo ciò ch’avea fatto; e riprendevasi forte della sua natura tanto subita e sospettosa. E così tutto mesto e rannuvolato entrò al concorso; ma seppe bene uscirne ad onore, avendo sopra tutti gli altri suoi compagni ottenuto il premio in architettura con pienezza di suffragi, come l’ottenne in iscultura l’amico suo Adamo Tadolini. Grandissima fu la contentezza di lui per questo premio, che gli dava di