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Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/215

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O femmina immortai, madre de’ Gracchi,
cui, sendo mostri lucidi manigli,
preziose collane, aurei pennacchi,
contrapponesti a le ricchezze i figli;
questi pensier bisbetici e vigliacchi
non avvien che la madre oggi si pigli :
e stia la famiglinola inope e nuda,
purché il crine d’un fior non si deluda.

17

In simil guisa il pellegrin che mova
lo stanco piè per l’affricana ghiaia W,
non rade volte incontrasi ne l’uova
che lo struzzo inuman gitta su l’aia:
né con materna affezion le cova,
ma putrefansi lá, se non appaia
a fecondarle il fiammeggiante auriga
col vivo ardor de la febea quadriga.

18

Infingardaccia etá! Cosi non fece
l’avolo in procacciarsi oro ed argento.

— Un poco di pan bruno e un po’ di cece
eran — dic’ei — mio solito alimento:
e invece poi d’un tal cimiero, invece
di si sfarzoso e ricco abbigliamento,
un’ irta chioma, un povero giubbone
furon le pompe mie d’ogni stagione. —

19

Né schermo ci riman, perché svanisca
un simile furor da tal canaglia,
che alzare un ospitale il qual capisca
si numerosa e stolida ciurmaglia:
e quivi ogni farnetico guarisca
prima che si ritrovi in Cornovaglia,
dove, o signori, in quel medesmo punto
arriva ognun che il borsellino è smunto.

(1) Pluche, Spectacles de la nature , tomo 11.

]. Vittorelli, Poesie.

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