Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/346

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334 annie vivanti


— Me lo avete già detto duecento volte, — disse Miss Brown con petulanza.

Egli proseguì calmo:

— ...nel Transvaal, e dovrò starci un anno, forse due anni e badare a quella miniera di San Juan. Poi ritornerò. — Tossì. — Oppure, non ritornerò.

Nessuna risposta.

— Non avete mutato nulla ai vostri propositi, riguardo all’andare in Italia a scrivere il vostro libro?

— No, nulla, — disse Nancy, con due strisciette bianche ai lati delle narici.

— Lo pensavo.

Poi camminarono in silenzio. Il fiume scorreva, verdemarino e liscio e lucido come seta giapponese. Gli uccelli cantavano, e il vento correva sui papaveri.

— Nancy, — diss’egli.

Era la prima volta ch’egli la chiamava col suo nome. Ella si coprì la faccia e pianse.

Egli non tentò di consolarla. Dopo qualche tempo le disse:

— Siediti.

Ed ella sedette sull’erba e continuò a piangere.

— Mi ami dunque tanto? — chiese egli.

— Perdutamente, — disse lei, alzando a lui i miti occhi inondati di lagrime.

Egli le sedette accanto.

— E sai che io ti amo più della mia vita? — disse.

— Sì, lo so, — singhiozzò Nancy.

Vi fu un altro breve silenzio. Indi egli disse:

— In una delle tue lettere molto tempo fa, mi scrivesti: «Questo amore traverso la lontananza, questo amore che non ha chiesto l’aiuto di alcuno dei nostri sensi, questa è la celeste Rosa dell’Amore, la mistica Meraviglia, fiorita nelle nostre anime a diletto dei cieli». Vogliamo