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42 Naja Tripudians


sui lobi delle orecchie. Ho le mani difformi; le dita mi si ricurvano come artigli....».

E più tardi ancora:

«La cancrena mi ha fatto cadere un dito. Il morbo mi s’infiltra negli occhi; non ho più palpebre. Fa presto! In nome di Dio!... Cerca! trova! inventa....».

E il dottor Harding studiò, cercò, inventò. Fece venire le opere di Bibb, di Koch, di Hutchinson, di Schmal; andò in cerca d’indigeni lebbrosi e fece su loro degli esperimenti, pericolosi a sè stesso e a loro; tentò inoculazioni, vaccinazioni, cure di arsenico, di mercurio, di olio di chaulmoogra.... Visse tra mostri deformi e animaleschi, studiando tubercoli e ulceri, cancrene e necrosi....

E già da anni la terra, scura e pietosa, aveva ricoperto il volto spaventoso di Vital, che ancora il suo amico, sulle lontane coste dell’India, cercava, studiava, inventava, ossessionato dall’idea di guarirlo, fisso nel pensiero di vincere il più antico, il più atroce morbo che affligga l’umanità.

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