Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/251

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vae victis! 239

«A dir vero non li conosco,» disse lei. «A guardarli» — e volse lo schietto sguardo azzurro in pieno su di lui — «a guardarli sono belli.»

Un vivido rossore tinse la fronte abbronzata di Giorgio.

«E... e non vi verrebbe mai in mente, vero? l’idea di.... di sposare un inglese?»

Chérie scosse il capo, e le lunghe ciglia batterono sulle iridi stellanti. «Sono fidanzata,» disse piano. E con una stretta al cuore, soggiunse: «ad un soldato belga.»

«Ah. Già. Sicuro. Naturale,» disse Giorgio in fretta.

Proseguirono a fianco l’uno dell’altro in silenzio. Finalmente egli, non sapendo che cosa dire, aprì il libro che ancora teneva tra le mani.

«Che cosa leggevate?... Poesia?»

Diede un’occhiata al frontispizio e vide scritto le parole: «Florian Audet à Chérie.» Voltò subito il foglio.

«Sì,» disse Chérie.

«Già... poesia...» ripetè Giorgio, «di Victor Hugo. — Ma ecco un verso che pare scritto per voi:

«Elle était pâle et pourtant rose...»

Si volse a guardarla: «Voi siete proprio così.»