Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/337

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vae victis! 325

Tutte le fiamme della sua ira, tutti i furori della sua disperazione erano spenti. La sua anima era ridotta in cenere. Non rimaneva più nulla. Nulla per cui si dovesse vivere, combattere o pregare.

La donna gli stava ai piedi, singhiozzante. Ma egli non udiva ciò ch’ella diceva. Una parola soltanto — una parola continuamente ripetuta gli martellava il cervello come batte il maglio sul ferro rovente. «Il bambino... il bambino...» Era la parola che ricorreva costantemente sulle labbra di Chérie: «il bambino.»

«Se non fosse per il bambino, vedi — vorrei morire,» piangeva essa e s’abbatteva colla fronte a terra. «Ma come faccio a lasciare il bambino? Un bambino così piccolo, così abbandonato! Nessuno lo guarda, nessuno gli dice mai una buona parola — mai! Anche Luisa diventa crudele, diventa come una furia quando vede il bambino. Mio Dio! Mio Dio! Come passeremo nella vita lui ed io, tra l’odio, il disprezzo, il dileggio di tutti? Di me importa poco, ma che ne sarà del bambino?...»

Alzò a lui il viso stravolto e lagrimoso. «Ah, forse aveva ragione Luisa! Avrei dovuto fare come lei — strapparmelo dal seno prima che nascesse....»

Un brivido profondo scosse Florian.