Pagina:Walpole - Il castello di Otranto, 1795.djvu/177

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Ippolita a tai detti tremò, persuasa, esser Federigo prescelto a dar compimento al destino che sembrava sovrastare alla sua famiglia; onde, riguardando Matilda con tenerezza espressiva, le caddero alcune lagrime sulle gote; ma facendo forza a se stessa, serenossi alquanto, dicendo a Federigo: “proseguite pure, signore; il cielo nulla opera invano. Noi, abitanti di questa valle di miserie, dobbiamo ricevere gli annunzj celesti con umiltà e rassegnazione, e pregare Iddio acciò allontani da noi il suo giusto sdegno, piegando la fronte a’ divini decreti. Dunque, dite pure, signore, ci siamo già rassegnate.” Dispiaceva a Federigo di aver detto più là di quello che avrebbe voluto; era pieno di rispetto in osservando la nobiltà di animo e la tranquilla fermezza d’Ippolita; e ciò, aggiunto all'affettuosa amorevolezza con cui la madre e la figlia tacite rimiravansi, gli richiamava quasi il pianto sugli occhj; contuttociò, temendo d’accrescere col silenzio il loro dolore, pronunziò