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10 i - il narciso


l’orme del suo dolor m’invia sul volto,

sebben tu non gl’intendi e non li senti,
mostri qualche pietá de’ miei tormenti.
          Occhi belli, occhi vezzosi,
               benché fieri e disdegnosi,
               godo almen di rimirarvi.
          Che se foste a me pietosi,
               temerei per troppa gioia
               di morir nel vagheggiarvi.

SCENA V

Uranio e Lesbino.

Uranio. Sí, mio caro Lesbino,

nelTamor di Cidippe
fui felice una volta, e l’infedele
pianse al mio pianto, arse al mio foco un tempo.
Ma qual donna non cangia e voti e cure?
La mia fede è tradita. Io son lo stesso,
ma non Cidippe. O di altro bello accesa,
o ad altre cure attenta, allorché incontro
mi faccio a que’ begli occhi,
piena di sdegno e d’ira
o s’infinge, o mi fugge, o non mi mira.
Lesbino. Te felice, o pastor, che almen provasti
quante gioie dar possa un grato amore.
Ebbe almen qualche tregua
nell’uso de’ piaceri il tuo dolore.
Solo Lesbin si strugge
nel continuo suo pianto; è per lui tolta
ogni speranza, ogni diletto, e solo
pasce la rimembranza
dell’altrui crudeltá, del proprio duolo.