Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/162

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che tardi piú? Giulia dal tosco illesa

or or per te cadrá vittima al ferro.
Claudio. (Tutto sa, tutto intese.)
Albina. Dimmi sleal. Da te tradita e offesa,
vendicar mi potea? Trar la tua colpa
al tribunal della feroce Augusta
poteano l’ire mie? Tacqui, o infedele,
non per pietá di te, che non la merti,
tacqui sol per vederti
dall’amor mio punito e dal tuo fallo,
spergiuro amante e perfido vassallo!
Claudio. Qual tumulto di affetti
mi si desta nel cor!
Albina. Mirarti estinto
sotto un’ infame scure
non era gloria mia, non mio riposo.
A questo ferro, a questo (snuda la spada)
la tua morte serbai.
Offeso amor la chiede, e fé negletta,
difenditi, se puoi ! Voglio vendetta.
Claudio. Vendichi pure Albina i torti suoi.
La vita mi serbasti,
ripigliala se vuoi.
Aurina. Nulla mi devi; io te ne assolvo. Stringi,
su, stringi ’l ferro, o il petto
piagherò benché inerme.
Claudio. Ferisci, io noi difendo,
e a chi vita mi die’, morte non rendo.
Albina. È questo il tuo valor? tal la tua gloria?
Claudio. Prima della tua mano
mi dá morte il dolor di averti offesa.
Albina. Ah, parlassi da vero, ingrato core!
ma non merta piú fede un traditore.
Claudio. O bella, e il dirò ancora, o cara Albina,
viver non seppi tuo, tuo saprò almeno
morir; piaga! trafiggi! eccoti ’l seno!