Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/131

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(21) pensieri 105

agli oggetti (non solo per una pericolosa intemperanza e incontentabilità, ma anche perché egli senza molti tratti non ci sa subito disegnar la figura, e se non fosse lungo non sarebbe evidente) fa manifesta la diligenza, e la diligenza nei poeti è contraria alla naturalezza. Quello che nei poeti dee parer di vedere, oltre gli oggetti imitati, è una bella negligenza, e questa è quella che vediamo negli antichi, maestri di questa necessarissima e sostanziale arte, questa è quella che vediamo nell’Ariosto, Petrarca ec., questa è quella che pur troppo manca anche ai migliori e classici tra i moderni, questa è quella che col sentimentale e col sistema del Breme e nelle poesie moderne de’ francesi non si ottiene; ché questo stesso sentimentale scopre una certa diligenza ec., scopre insomma il poeta che parla, ec. In Ovidio si vede in somma che vuol dipingere e far quello che colle parole è cosí difficile, mostrar la figura ec. e si vede che ci si mette; in Dante no; pare che voglia raccontare e far quello che colle parole è facile ed è l’uso ordinario delle parole, e dipinge squisitamente, e tuttavia non si vede che ci si metta, non indica questa circostanziola e quell’altra, e alzava la mano e la stringeva e si voltava un tantino e che so io (come fanno i romantici descrittori, e in genere questi poeti descrittivi francesi o inglesi, cosí anche prose ec., tanto in voga ultimamente); insomma in lui c’è la negligenza, in Ovidio no.

*   Sí come dopo la procella oscura
  Canticchiando gli augelli escon del loco
  Dove cacciogli il vento (nembo) e la paura;

E il villanel che presso al patrio foco
  Sta sospirando il sol si riconforta (si rasserena)
  Sentendo il dolce canto e il dolce gioco;


*    Grandissima parte dell’opere utili procurano il piacere mediatamente, cioè mostrando come ce lo pos-