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(111-112) pensieri 223

ἐχώρεον ἀλαλάξαι: quantum capita ferre poterant acclamasse, interpreta il traduttore (30 aprile 1820). (112)

*   Quanto i greci facessero caso della bellezza, oltre alla parola καλοκἀγαθὸς notata già in questi pensieri, vedi un luogo singolare di un antico in Clemente Alessandrino, Cohort. ad gentes, c. 4., dopo il mezzo, edizione di Venezia, t. 1, p. 49, linea ultima, p. 17 nel margine latino e p. 37. nel margine greco. Qual’è ora quel genitore che domandi a Dio quella grazia come un bene principale e suo proprio e dei figli? Intorno ai quali domanderanno piuttosto tutt’altro, sanità, ingegno, docilità, virtú, abilità nei negozi, favori dei grandi, ricchezza, ec. ec. ma bellezza quando mai? Vedo che m’ha ingannato quella bestia del traduttore, il quale dice formosos liberos, e il greco τὴν εὐτεκνίαν. Vi so dir io che la differenza è piccola da vero.


*   Gesú Cristo fu il primo che personificasse e col nome di mondo circoscrivesse e definisse e stabilisse l’idea del perpetuo nemico della virtú, dell’innocenza, dell’eroismo, della sensibilità vera, d’ogni singolarità dell’animo della vita e delle azioni, della natura insomma, che è quanto dire la società, e cosí mettesse la moltitudine degli uomini fra i principali nemici dell'uomo, essendo pur troppo vero che, come l'individuo per natura è buono e felice, cosí la moltitudine e l'individuo in essa, è malvagia e infelice (vedi p. 611, capoverso 1).


*   La pazienza è la piú eroica delle virtú, giusto perché non ha nessuna apparenza d'eroico.


*   Impertinente è una parola tutta latina, derivata da un verbo latino ec.; però è naturale che gli antichi o volgari latini dicessero impertinens (31 maggio 1820).