Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/305

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(170-171) pensieri 277

vedere il fondo né i contorni. E questa pure è la cagione perché nell’amore ec., come ho detto, p.142. Perché in quel tempo l’anima si spazia in un vago e indefinito. Il tipo di questo bello e di queste idee non esiste nel reale, ma solo nella immaginazione; e le illusioni sole ce le possono rappresentare, né la ragione ha verun potere di farlo. Ma la natura nostra n’era fecondissima, e voleva che componessero la nostra vita. –3°, perché l’anima nostra odii tutto quello che confina le sue sensazioni. L’anima, cercando il piacere in tutto, dove non lo trova, già non può esser soddisfatta; dove lo trova, abborre i confini per le sopraddette ragioni. Quindi, vedendo la bella natura, ama che l’occhio si spazi quanto è possibile. La qual cosa il Montesquieu (Essai sur le goût, De la curiosité. p. 374, 375) attribuisce alla curiosità. Male. La curiosità non è altro che una determinazione (171) dell’anima a desiderare quel tal piacere, secondo quello che dirò poi. Perciò ella potrà esser la cagione immediata di questo effetto (vale a dire che, se l’anima non provasse piacere nella vista della campagna ec., non desidererebbe l’estensione di questa vista), ma non la primaria; né questo effetto è speciale e proprio solamente delle cose che appartengono alla curiosità, ma di tutte le cose piacevoli; e perciò si può ben dire che la curiosità è cagione immediata del piacere che si prova vedendo una campagna, ma non di quel desiderio che questo piacere sia senza limiti. Eccetto in quanto ciascun desiderio di ciascun piacere può essere illimitato e perpetuo nell’anima, come il desiderio generale del piacere. Del rimanente, alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è la stessa, cioè il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra al reale. L’anima s’immagina quello che