Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/393

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(281-282-283) pensieri 365

corpo debba essere dolorosissima per se stessa. A’suoi argomenti aggiungi questo, che forse è il piú concludente. Se volessimo considerar l’anima come materiale, già non si tratterebbe piú di separazione e la morte non sarebbe altro che un’ (282) estinzione della forza vitale, in qualunque cosa consista, certo facilissima a spegnersi. Ma considerandola come spirituale, è ella forse un membro del corpo, che s’abbia a staccare e perciò con gran dolore? O non piuttosto i legami tra lo spirito e la materia, qualunque sieno, certo non sono materiali, e l’anima non si svelle come un membro, ma parte naturalmente quando non può piú rimanere, nello stesso modo che una fiamma si estingue e parte da quel corpo dove non trova piú alimento; nel che, per dire un’immagine, noi non vediamo né ci figuriamo neanche astrattamente nessuna violenza e nessun dolore sia nel combustibile sia nella fiamma. La morte nell’ipotesi della spiritualità dell’anima non è una cosa positiva, ma negativa, non una forza che la stacchi dal corpo, ma un impedimento che le vieta di piú rimanervi; posto il quale impedimento, l’anima parte da se, perché manca il come abitare nel corpo, non perché una forza violenta ne la sradichi e rapisca. Giacché, se l’anima è spirito, non bisogna considerarla come parte del corpo, ma come ospite di esso corpo e tale che l’entrata e l’uscita sua sia facilissima, leggerissima e dolcissima, non essendoci mica nervi né membrane né ec. che ve la tengano attaccata, o (283) catene che ve la tirino quando deve entrarvi. E quando v’entra, la cosa è insensibile e l’uomo certamente non se ne avvede: cosí la sua uscita dev’essere insensibile e tutta diversa dalla nostra maniera di concepire. Come l’uomo non s’accorge né sente il principio della sua esistenza, cosí non sente né s’accorge del fine, né v’é istante determinato per la prima conoscenza e sentimento di quello né di questo. Vedi p. 290.