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4 | pensieri | (461-462) |
* Alla pag. 8, capoverso 1 e pag. 10, fine. Non solamente nelle azioni naturali o manuali, insomma materiali, ma in tutte quante le cose umane è necessario l’abbandono o la confidenza; e per lo contrario, la diffidenza o il troppo desiderio, premura, attenzione e studio di riuscire è cagione che non si riesca. Se tu non hai nulla da perdere ti diporterai franchissimamente nel mondo. E acquisterai facilmente il buon tratto e la stima, quando non avrai piú stima da conservare: o in proporzione. E viceversa. Che se ti troverai in un luogo, occasione ec., dove ti prema assai di figurare, probabilmente sfigurerai. E se parlando con una persona ne avrai guadagnata la stima, ti costerà moltissimo il non perderla, quando ti sarai accorto di possederla, e ti premerà di conservarla. La qual cosa succede massimamente nell’amore o anche nella galanteria, che, cercando di conservare, si perde quella stima e quell’amore di una persona che si è guadagnato senza cercarlo. Cosí discorrete di cento altri generi di cose. La natura, insomma, è la sola potente, e l’arte, non solo non l’aiuta, ma spesso la lega; e lasciando (462) fare si ottiene quello che non si può ottenere volendo fare. La noncuranza dell’esito e la sicurezza di riuscire è il piú sicuro mezzo di ottenerlo, come la troppa cura e il troppo timore di non riuscire è cagione del contrario. Né si può nelle cose umane acquistar facilmente questa sicurezza e schivar questo timore, senza una certa noncuranza o senza esser preparato in alterutram partem. E perciò i disperati, o quelli che hanno tutto perduto e niente da perdere né da conservare, riescono meglio degli altri nella vita. Né c’è un disperato cosí povero e impotente che non sia buono a qualche cosa nel mondo, da che è disperato. E questo è il motivo per cui naturalmente, e non a caso, audaces fortuna iuvat (28 dicembre 1820).