Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/391

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378 pensieri (1064-1065)

di usar di se stesso, secondo tutta la misura del suo valore. E ciò si vede in tutti i casi della vita, e non già nelle sole occasioni che abbisognano di coraggio e che spettano a’ pericoli corporali. Ma chi non ha ricuperato fino a un certo punto l’abito di non riflettere, non val nulla nelle conversazioni, non può nulla colle donne, nulla negli affari, e massime in quelle circostanze che portano, dirò cosí, un certo pericolo, non fisico, ma morale e che abbisognano di franchezza e disinvoltura e di una, dirò cosí, intrepidezza sociale. Qualità impossibile a chi per abito riflette e non può deporre al bisogno la riflessione, e non può abbandonarsi e lasciar fare a se stesso, che sono le cose e piú ricercate e pregiate e piú necessarie a chi vive nella società e generalmente in quasi ogni sorta e parte di vita. E vedi gli altri miei pensieri sulla impossibilità delle stesse azioni fisiche senza l’abito di non riflettere,  (1065) abito che, rispetto a queste azioni, avendolo tutti da natura, pochi lo perdono, ma, perduto, rende impossibili le operazioni piú materiali e giornaliere e naturali (19 maggio 1821).


*    Alla p. 1062. La religion cristiana, quando anche si voglia considerare come parto della ragione umana posta nelle circostanze di quei tempi, di quei luoghi ec., è innegabile che ha vicendevolmente influito assaissimo sopra la stessa ragione, rivoltala al profondo, all’astruso, al metafisico, propagatala forse piú di quello che abbia fatto qualunque altro mezzo, e cagionato grandissima e principalissima parte de’ suoi progressi. Ora è manifesto che l’incredulità religiosa deriva dai progressi della ragione, e che, quando o l’uomo o le nazioni non ragionavano, credevano ed erano religiose (19 maggio 1821).


*    Alla p. 1060. Le religioni sono il principio e nel tempo stesso la parte principale e piú rilevante della