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Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/397

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384 pensieri (1072-1073-1074)

volesse, com’é naturale, rassegnare la sera il suo gregge. Non potrebbe assolutamente farlo se non in maniera materialissima; come, porre la mattina tutte le pecore in  (1073) fila, e misurato o segnato lo spazio che occupano, riordinarle la sera nello stesso luogo, e cosí ragguagliarle; ovvero, che è piú verisimile, raccôrre, poniamo caso, tanti sassi quante sono le pecore; il che fatto, non potrebbe mica ragguagliarle esattamente coi sassi mediante veruna idea di quantità. Perché, non potendo contare né quelle né questi, molto meno potrebbe formare nessun concetto della relazione scambievole o del ragguaglio di due quantità numeriche determinate, anzi non conoscerebbe quantità numerica determinata. Converrebbe che si servisse di un’altra maniera materialissima, come porre da parte prima una pecora ed un sasso, indi un’altra pecora e un altro sasso, e cosí di mano [in mano] sino all’ultima pecora e sino all’ultimo sasso. Vedi p. 2186, principio.


     Certo è che l’invenzione dei nomi numerali fu delle piú difficili, e l’una delle ultime invenzioni de’ primi trovatori del linguaggio. L’idea di quantità, non solo assoluta e indeterminata (anzi questa è meno difficile, essendo materiale e sensibile l’idea del piú e del meno, e quindi della quantità indeterminata), ma anche determinata, anche relativa a cose materialissime, considerandola bene, è quasi totalmente astratta e metafisica. Quando noi vediamo le cinque dita della mano, ne concepiamo subito il numero,  (1074) perché l’idea del numero è collegata nella mente nostra, mediante l’abito e l’uso della favella, coll’idea che ci suscita il vedere una quantità d’individui facili a contare o di cui già sappiamo il numero. E l’idea di contare vien dietro alla detta vista, per la detta ragione. Non cosí l’uomo privo de’ nomi numerali. Egli vede quelle cinque dita come tante unità, che non hanno fra loro alcuna relazione o attinenza numerica (come in fatti non l’hanno per se stesse), componenti