Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/61

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48 pensieri (534-535-536)

crede di poter provare; concepisce una migliore idea del futuro, una speranza, un disegno, una risoluzione o di procurarsi altri piaceri, o qualunque ella sia. Cosí prova un piacere, ma sempre ed ugualmente futuro. Cosí, per esempio, se tu sei stato lodato o ti sei trovato in una occasione di brillare, di gloria, ec. L’atto di quel piacere è stato quale l’ho descritto; ma finito l’atto, lo vai ruminando a parte a parte, e torna un altro atto di piacere composto alla stessa guisa e fondato o sul semplice gusto della  (535) ricordanza o sulla relazione che quel preteso piacere ha col futuro con quei piaceri o beni che tu (come credi) puoi dunque o devi provare, coll’idea che ti dà della futura vita, coi disegni, coll’idea di te stesso, delle tue forze ec., colle speranze o reali o rispetto all’opinione e immaginazione tua; insomma, tutto futuro, tanto riguardo all’atto del nuovo piacere presente, quanto agli oggetti di esso piacere. Cosí il piacere non è mai né passato né presente, ma sempre e solamente futuro. E la ragione è che non può esserci piacer vero per un essere vivente se non è infinito (e infinito in ciascuno istante, cioè attualmente); e infinito non può mai essere, benché confusamente ciascuno creda che può essere e sarà, o che anche non essendo infinito sarà piacere; e questa credenza (naturalissima, essenziale ai viventi e voluta dalla natura), è quello che si chiama piacere, è tutto il piacer possibile. Quindi il piacer possibile non è altro che futuro o relativo al futuro, e non consiste che nel futuro (20 gennaio 1821). Vedi p. 612, capoverso 1.


*    Alla pagina 532. Questo si può osservare  (536) anche negli effetti fisici o esterni delle dette sensazioni interne, sieno relativi alla salute, sieno ai moti ai gesti, sieno alle risoluzioni e azioni alle quali strascinano i fanciulli e i primitivi, e ciò con tale irresistibilità e violenza infallibile, quale non ha verun’altra