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(550-551) pensieri 57

di quella tal società dipendano intieramente da lui solo, in tutto quello che concerne lo scopo di detta società, cioè il di lei bene comune. Ecco dunque la monarchia assoluta e dispotica. Eccola dimostrata, non solamente buona per se stessa, ma inerente all’essenza, alla ragione della società umana, cioè composta d’individui per se stessi discordanti.

Colla monarchia assoluta e dispotica l’unità è, come dissi, ottenuta. Questo è il mezzo per conseguire il bene comune. Ma esso bene, cioè il fine, sarà ottenuto? Tanto sarà ottenuto, quanto le opinioni, le volontà di quel solo corrisponderanno e tenderanno effettivamente al detto fine; e quanto i suoi interessi saranno tutta una cosa cogl’interessi comuni.

Ecco la necessità di un principe quasi perfetto: irreprensibile nei giudizi e opinioni,  (551) prudenza ec. per discernere e determinare il vero bene universale e i veri mezzi di ottenerlo; irreprensibile nelle volontà e quindi nei costumi, nella coscienza, nelle inclinazioni, nelle opere, nella vita (in quanto concerne il detto fine), per dirigere effettivamente le sue forze e quelle de’ sudditi a quel fine, nel quale egli giudica riposto il comun bene.

Se il principe non è tale, siamo da capo. Siccome egli è divenuto l’anima e la testa, e insomma la forza movente della società, anzi si può dire che la forza attiva e negativa della società sia tutta riposta e rinchiusa in lui; cosí quanto egli non mira al ben comune (o per difetto di giudizio o di volontà) tanto la società manca di nuovo della sua ragione, si allontana dal suo fine e diventa di nuovo inutile e dannosa. E tanto piú dannosa, quanto maggiori sono i mali che derivano dalla servitú, dall’esser tutti destinati al bene di un solo, dall’impiegare le loro forze non piú pel loro bene, né pubblico, né pure individuale, ma per li capricci e le soddisfazioni di un solo, il quale può anche volere e spesso vuole il danno comune, e cosí tutti sono ob-