Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/156

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142 pensieri (1406-1407-1408)

appartenga agli esseri (il che ha fatto e disposto non già necessariamente e assolutamente, ma per solo arbitrio e relativamente). Quindi è che i gusti non naturali, sia circa la forma degli uomini, sia circa le arti imitatrici della natura, sia in qualunque altro genere che appartenga alla natura in qualunque modo ec. tali gusti, dico, si chiamano cattivi, e lo sono; in  (1407) quanto, ripugnando alla natura reale, benché relativa, delle cose, non ponno durare, né essere universali. Al contrario, il buon gusto è buono in quanto, convenendo colla natura qual ella è effettivamente, è il solo che possa durare e in cui tutti appresso a poco possano convenire.

Quindi accade che presto o tardi si ride di uno stile, di una pittura, di un portamento affettato ec. ec., di una persona sfigurata ec.; e queste cose si chiamano barbarie, come si chiamano barbarie tutte quelle cose fuori affatto dalla sfera del bello, che ripugnano alla natura, cioè al modo in cui le cose realmente sono, e perciò denno essere. E qui vedete che la barbarie consiste sempre nell’allontanarsi dalla natura, e però i popoli civili hanno ordinariamente buon gusto, perché la civiltà ravvicina gli uomini alla natura ec.

Sono dunque barbari e cattivi i gusti non naturali, in quanto ripugnano alla natura, non già in quanto ripugnano al bello. Nessun gusto ripugna al bello. Bello è ciò che tale si stima; bello era nel seicento lo stile de’ concetti e delle metafore ec. e dava  (1408) ai seicentisti quel piacere che dà a noi il buono stile, e il buono stile non glielo dava.

Eccetto che, siccome i dettami, la forza, il senso, l’influenza della natura, ponno ben essere offuscate e debilitate, ma non estinte in verun secolo, e da verun costume, opinione ec., però è ben verisimile che i seicentisti, sebben trovassero piú bello quello stile barbaro che il buono, pur non ne provassero quel pia-