Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/247

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(1560-1561-1562) pensieri 233

stato che non gli basta piú la natura di gran lunga; e ciò prova che questo stato non gli conviene. L’uomo, alterandosi, ha trovato la natura imperfetta per lui. Ciò vuol dire ch’egli non s’è dunque perfezionato, ma corrotto; ciò vuol dire che egli non corrisponde piú al sistema delle cose, e per conseguenza ch’egli è in uno stato vizioso. L’imperfezione dell’uomo, che non ha niente d’assurdo, perché vien da lui, noi l’ascriviamo alla natura, il che è assurdissimo in sí perfetta maestra, e poi in quella che è la sola norma e ragione del perché una cosa sia perfetta o no; giacché fuor di lei e della sua libera disposizione non esiste altra ragione di perfezione o  (1561) imperfezione. Dopo che l’uomo s’è cambiato, ha dovuto cambiar la natura. Ciò prova ch’egli non doveva cambiarsi. Se la sua nuova condizione fosse stata voluta e ordinata dalla natura, ella avrebbe disposte e ordinate le altre cose in modo che corrispondessero e servissero perfettamente a questa nuova condizione. E non dopo il cambiamento, ma prima di esso, l’uomo si sarebbe trovato in opposizione colla natura, come oggi si trova tutto giorno, se il cambiamento fosse stato primordialmente ed essenzialmente ordinato dalla natura, cioè dalla ragion delle cose. Tutti gli esseri nel loro stato relativo di perfezione trovano la natura perfettamente corrispondente ai loro fini, al loro bene ec., e si trovano in perfetta armonia con tutte le cose che hanno relazione naturale ed essenziale (non accidentale) con loro. Solamente l’uomo in quello stato ch’egli chiama di perfezione, trova la natura renitente, ripugnante, mal disposta a’ suoi vantaggi, a’ suoi piaceri, a’ suoi desiderii, a’ suoi fini, e gli conviene rifabbricarla. Quanto piú egli s’avanza  (1562) verso la sognata perfezione del suo essere, tanto meno si trova in armonia colle cose quali elle sono, e gli conviene, raddoppiando proporzionatamente l’arte e vincendo sempre maggiori difficoltà, cambiar le