Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/294

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280 pensieri (1636-1637-1638)

non hanno alcuna relazione fra loro; il materiale non può comporsi dell’immateriale piú di quello che l’immateriale del materiale; e dall’esistenza della materia (contro ciò che pensa Leibnizio) non si può argomentare quella dello spirito piú di quello che dall’esistenza dello spirito si potesse argomentare quella della materia. Vedi Dutens, par. II. tutto il cap. 1 (5 settembre 1821). (1637)


*   Dal detto in altri pensieri risulta che Dio poteva manifestarsi a noi in quel modo e sotto quell’aspetto che giudicava piú conveniente. Non manifestarsi, come ai Gentili; manifestarsi meno, e in forma alquanto diversa, come agli Ebrei; piú, come a’ Cristiani: dal che non bisogna concludere ch’egli ci si è manifestato tutto intero, come noi crediamo. Errore non insegnato dalla Religione, ma da’ pregiudizi che ci fanno credere assoluto ogni vero relativo. La rivelazione poteva esserci e non esserci. Ella non è necessaria primordialmente, ma stante le convenienze relative, originate dal semplice voler di Dio. Egli si nascose a’ Gentili, rivelossi alquanto agli Ebrei, manifestò al mondo una maggior parte di se, nella pienezza de’ tempi, cioè quando gli uomini furono in istato di meglio comprenderlo. Egli si è rivelato perché ha voluto e l’ha stimato conveniente, e quanto e come e sotto la forma che ha stimato conveniente, secondo le diverse circostanze delle sue creature; forma sempre vera, perch’egli esiste in tutti i modi possibili.

Da ciò che si è detto della legge pretesa naturale, risulta che non vi è bene né  (1638) male assoluto di azioni, che queste non son buone o cattive fuorché secondo le convenienze, le quali sono stabilite, cioè determinate dal solo Dio, ossia, come diciamo, dalla natura; che variando le circostanze, e quindi le convenienze, varia ancor la morale, né v’é legge alcuna scolpita primordialmente ne’ nostri cuori; che