Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/494

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480 pensieri (1991-1992-1993)

rispettivamente contrarie qualità de’ due sessi. In tutto questo però influisce l’abitudine de’ diversi individui (26 ottobre 1821).


*    Colui che imita la maniera di parlare, di gestire, ec. ec., usata da una persona ignota a colui a cui egli l’imita e la descrive, quando anche l’imitazione sia vivissima, ingegnosissima ec., non produce quasi nessun effetto né piacere; laddove un’imitazione assai men viva della stessa cosa, fatta a chi ne conosca bene il soggetto, riuscirà piacevolissima. Questo serva di regola ai poeti, ai pittori, ai comici, ec. ec. che esauriscono  (1992) la loro vena imitativa (sia pur felicissima), nell’imitar cose ignote o poco note o niente familiari a’ lettori agli spettatori, o al piú de’ medesimi (26 ottobre 1821).


*    Alla p. 1108. principio. Da quietus di quiescere abbiamo quietare e quietari non nell’uso degli antichi, ma nella testimonianza di Prisciano, il quale (l. VIII. p. 799. Putsch). gli annovera tra quei verbi che suonano lo stesso nella voce attiva e nella passiva. Ne fa pur testimonianza il quietator di due medaglie di Diocleziano, il qual nome non può venire che da quietatus participio passato, come tutti gli altri dello stesso genere. Or questi verbi il Forcellini gli spiega quietum facere, pacare, tranquillare. E veramente questa è la significanza del nostro quietare, quetare, chetare, acquetare, acquietare, acchetare. Nondimeno lo spagnuolo quedar, che è tutt’uno con quietare, come quedo  (1993) aggettivo non è se non quietus, e che da quietarsi, posarsi, fermarsi, passò finalmente a significare, come oggi significa, restare, dimostra che il latino quietare o quietari fu, se non presso gli scrittori, certo presso il volgo, un puro e manifesto continuativo di quiescere, non solo nella forma, ma anche nella significazione. Gli spagnuoli hanno anche quietar nel no-