Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/225

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(2392-2393) pensieri 213

che danno ad intendere di non esser derivato nessuno di essi due dall’altro (22 febbraio 1822).


*    Alla p. 2304. Vedi un luogo notabile di Francesco da Buti, comentatore manoscritto di Dante, presso la Crusca, Vedi Strega (26 feb. 1822).


*    Asseriscono che la natura ha data espressamente all’uomo la facoltà di perfezionarsi e voluto che l’adoprasse, e però non ha provveduto a lui del necessario cosí bene come agli altri animali, anzi glien’ha mancato anche nel piú essenziale. E da questa facoltà vogliono che l’uomo sia tenuto per superiore e piú perfetto degli altri esseri. 1o, Vi par questa una bella provvidenza? Dare all’uomo la facoltà di perfezionarsi, cioè di conseguire la felicità propria della sua natura; ma frattanto, perché questa perfezione non si poteva conseguire se non dopo lunghissimo spazio di tempo e successione d’infinite esperienze,  (2393) fare decisamente e deliberatamente infelici un grandissimo numero di generazioni, cioè tutte quelle che dovevano essere innanzi che questa perfezione propria dell’esser loro, e non per tanto difficilissima e remotissima, si potesse conseguire, come ancora non possono affermare che si sia fatto. E per rispetto di questa medesima facoltà di perfezionarsi, di questo dono, di questo massimo privilegio dato dalla natura alla specie umana, mancare alla medesima del necessario, quando era evidente che questa facoltà non avrebbe avuto effetto, e non avrebbe potuto supplire al preteso mancamento della natura verso di noi, se non dopo lunghissimo tempo e dopo che moltissime generazioni avrebbero dovuto, a differenza di tutti gli altri esseri, sentire e sopportare il detto mancamento e l’infelicità che risulta dal non essere nello stato proprio della propria natura. In verità, che questo, se fosse vero, mostrerebbe una gran predilezione della natura verso di