Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/262

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250 pensieri (2453-2454-2455)

dell’esistenza che gli altri non sogliono essere. La Staël lo dice dell’Alfieri (Corinne, t. I, livre dernier), anzi dice ch’egli non era nato per iscrivere, ma per fare, se la natura de’ tempi suoi (e nostri) glielo avesse permesso. E perciò appunto egli fu vero scrittore, a differenza di quasi tutti i letterati o studiosi italiani del suo e del nostro tempo. Fra’ quali, siccome nessuno o quasi nessuno è nato per fare altro che fagiolate, perciò nessuno o quasi nessuno è  (2454) vero filosofo né letterato che vaglia un soldo. Al contrario degli stranieri, massime degl’inglesi e francesi, i quali, per la natura de’ loro governi e condizioni nazionali, fanno e sono nati per fare piú degli altri. E quanto piú fanno o sono naturalmente disposti a fare, tanto meglio e piú altamente e straordinariamente pensano e scrivono (30 maggio 1822).


*    Grazia dallo straordinario. I nèi che altro sono se non difetti e false produzioni della cute? E non sono stati considerati lungo tempo come bellezze? (anzi cosí anche oggi volgarmente si sogliono chiamare). E le donne col porsegli dintorno non facevano insomma altro che fingersi dei difetti e fabbricarseli appostatamente, per proccurarsi grazia e bellezza (1 giugno 1822).


*    Qual fosse l’opinione di Socrate o di Senofonte e anche degli altri antichi circa quelle arti e mestieri che da gran tempo si stimano e sono veramente necessarii all’uso del viver civile, anzi parte, alimento ec. della civilizzazione, e che intanto nocciono alla salute e al viver fisico e in oltre all’animo di chi gli esercita, vedi l’Econom. di Senofonte cap. IV, § 2, 3 e cap. VI, § 5, 6, 7 (3 giugno 1822). (2455)


*   Τῶν δὲ σωμάτων θηλυνομένων (si corpora effeminentur), καὶ αἰ ψυχαὶ πολὺ ἀρῥωστότεραι γίγνονται. Socrate ap. Senofon, Econom. c. IV, § 2 (3 giugno 1822).