Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/50

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38 pensieri (2071-2072-2073)

tivo  (2072) sertum, ovvero serta orum, oppure da serta ae (de’ quali vedi il Forcellini, l’appendice e il glossario). Ma, trovandosi questo verbo tanto nell’esempio portato dal Forcellini quanto in altro del glossario accompagnato con ablativo di cosa, non par che sia formato da un sustantivo, ma ben da sertus, participio di serere (sero, is, ui, ertum), e perciò sertatus sia d’altra natura che radiatus, paludatus, togatus, i quali propriamente non s’accompagnano ad ablativi di cosa, ma stanno da se. Del resto, sebbene non si trova che il participio sertatus e il Forcellini non porta che questo (il glossario però pone sertare), io credo però che questo sertatus, per le dette ragioni, indichi un verbo e sia cioè un participio. Sertare in senso di chiudere è della bassa latinità e lo porta pure il glossario, ma non ha che fare col nostro sertatus né viene da serere, ma è uno storpiato continuativo di serare, il qual serare è riconosciuto da Prisciano (Forcellini in sero, is, fine) (8 novembre 1821).  (2073)


*   Escludere affatto la materia dall’essenza di Dio non è altro che togliergli una maniera di essere e quindi una perfezione dell’esistenza, vale a dire togliergli un’esistenza completa, cioè in tutti i modi possibili, e crederlo incapace di esistere materialmente, quasi ciò per se stesso fosse un’imperfezione; o che quegli che esiste materialmente non potesse anche esistere immaterialmente e dovesse per necessità esser limitato. Anzi sarebbe limitato quell’essere che non esistesse né potesse esistere materialmente, e quindi imperfetto, cioè incompleto nella sua essenza, secondo l’unica idea che noi possiamo formarci di una perfezione assoluta, la quale non può essere se non un’essenza che abbracci tutti i possibili modi di essere. Ora la materia è un modo di essere non solo possibile ma reale, e tanto ch’é l’unico modo reale che noi possiamo effettivamente conoscere e distinta-