[p. 38 modifica] sertum, ovvero serta orum, oppure da serta ae (de’ quali vedi il Forcellini, l’appendice e il glossario). Ma, trovandosi questo verbo tanto nell’esempio portato dal Forcellini quanto in altro del glossario accompagnato con ablativo di cosa, non par che sia formato da un sustantivo, ma ben da sertus, participio di serere (sero, is, ui, ertum), e perciò sertatus sia d’altra natura che radiatus, paludatus, togatus, i quali propriamente non s’accompagnano ad ablativi di cosa, ma stanno da se. Del resto, sebbene non si trova che il participio sertatus e il Forcellini non porta che questo (il glossario però pone sertare), io credo però che questo sertatus, per le dette ragioni, indichi un verbo e sia cioè un participio. Sertare in senso di chiudere è della bassa latinità e lo porta pure il glossario, ma non ha che fare col nostro sertatus né viene da serere, ma è uno storpiato continuativo di serare, il qual serare è riconosciuto da Prisciano (Forcellini in sero, is, fine) (8 novembre 1821).